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Ibla: le tre città, la dea Ibla, la storia

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Sargon, il rè, si prostrò in preghiera dinanzi al dio Dagan in Tuttui, e questi gli diede la regione settentrionale, Mari, Larnuti, IBLA, fino alla foresta dei cedri e alla montagna d’argento

IL CULTO ED IL MITO DI IBLA

L’età più importante dell’umanità preistorica, che ha segnato la svolta più decisiva nello svilupparsi del progresso della civiltà, è indubbiamente quella, in cui ebbero origine l’agricoltura e l’allevamento del bestiame. E’ alla fine del Paleolitico, e ancor più nel Neolitico, quando il clima con lo scioglimento dei ghiacciai diviene più dolce, che si compie questo rivolgi­mento. L’uomo, che nel paleolitico si era mantenuto allo stadio di cacciatore puro, passa ora allo stadio di agricoltore e di allevatore.
Pare ormai certo che le prime forme di coltivazione agraria siano dovute alla donna, e tale asserzione trova conferma sul sistema del matriarcato, che vigeva in molti gruppi di popolazioni.

Ibla- RagusaGiovani
Inoltre statuette femminili di terracotta, trovate nelle sepolture e nelle capanne di quel periodo, attestano l’uso di un culto della fertilità della terra, simboleggiata dalla fecondità della donna.
In Sicilia, come ci viene riferito dagli antichi storici (Pausania), sulle falde dell’Etna, nelle vicinanze dell’odierna Paterno, fiorì il culto alla dea Ibla o Iblea, onorata in un tempio da una corporazione di sacerdoti, indovini e interpreti di sogni, denominati «Galeoti».
Circa gli attributi di questa divinità, diverse sono le opinioni. Secondo alcuni studiosi, sarebbe una comune divinità tellurica, simile alla «Demetra»(1) dei Greci e alla «Cerere»(2) dei Romani, protettrice dei campi, o meglio della fertilità dei campi. Secondo altri, essa sarebbe assimilata alla «Venere Afrodite»(3), protettrice della fecondità e della bellezza muliebre.

Il Dott. R. Solarino sostiene quest’ultima tesi, suffragandola con prove filologiche, a suo parere, valide, che dimostrerebbero l’identità etimologica di Ibla e di Afrodite, la stessa che si onorava sul Monte Erice. Emanuele Ciaceri, grande cultore di storia sicula, partendo dal fatto che una delle città di Ibla viene da Pausania denominata «Gereatide», ritiene che questo epiteto sarebbe derivato dalla natura della dea Ibla, protettrice della fecondità femminile, e quindi simile alla Venere Afrodite. Secondo l’illustre studioso, la parola «Gereatide» è da connettersi con la voce sicula «Gerra», con la quale i Siculi volevano significare gli attributi propri della generazione. Ciò sarebbe confermato da un’antica iscrizione, con la dedica «Veneri victrici Hyblensi», la quale induce a ritenere una identità sostanziale della dea Ibla con Venere.

Le due opinioni pertanto non sarebbero contrastanti, ma si concilierebbero, e si può ritenere che gli antichi abitatori della Sicilia orientale, nel culto alla dea loia, volevano onorare la fecondità e la bellezza della donna, che produce i figli, come simbolo della fertilità della terra, che produce i frutti.
Il culto alla dea Ibla, oltre che sulle falde dell’Etna nei pressi dell’odierna Paterno, era esteso in altre parti della Sicilia orientale, e diversi santuari erano stati innalzati alla dea, tanto che i monti attigui vennero denominati «Montes o Colles Hyblei», di cui molti poeti, in seguito, lodarono il miele.
Era naturale pertanto, stando sempre al mito, che, accanto ad alcuni di questi santuari, si raccogliessero nuclei di popolazioni, che in seguito diedero inizio al sorgere di città.

 

I DOCUMENTI NEOSUMERICI E IBLA

Un’ipotesi non priva di valore critico, che potrà dare nuova luce sulle origini (non mitiche) delle città di Ibla in Sicilia, e sulla provenienza dei loro primi abitanti, ci viene suggerita da alcuni documenti neosumerici.
Apprendiamo che nella Mesopotamia, intorno al 2370 a.C., si veriflcò la creazione, da parte di Sargon, di una nuova dinastia nella città di Akkad, da lui fondata. Egli, ottenuto il controllo di Kisch, attaccò la città di Uruk, sconfisse il suo rè Lugalzagesi e, dopo aver conquistato tutti i centri della Mesopotamia meridionale che avevano collaborato con il rè di Uruk, diresse le sue con­quiste a settentrione e a occidente.
Alcune copie di età neosumerica hanno conservato il contenuto di iscri­zioni di Sargon, incise originariamente sulle statue del rè che fanno riferi­mento alle sue imprese militari. In una di queste iscrizioni si legge:

«Sargon, rè di Kisch, fu vittorioso in trentaquattro campagne e smantellò tutte le città fino alla sponda del ma­re. Ai moli di Akkad egli fece attraccare navi di Meiukhkha, navi di Magan e navi di Tilmun.
Sargon, il rè, si prostrò in preghiera dinanzi al dio Dagan in Tuttui, e questi gli diede la regione settentrionale, Mari, larnuti, IBLA, fino alla foresta dei cedri e alla montagna d’argento. Eniil non permise che alcuno si oppo­nesse a Sargon, il rè»

Questo documento, senza dubbio autentico, attesta l’estensione del domi­nio di Sargon sul medio Eufrate (Mari, oggi Teli Hariri, presso Abu Kemal) e su larga parte della Siria con il Tauro (montagna d’argento), con l’Amano (foresta dei cedri) e con alcuni importanti centri (Tuttui, larnuti, IBLA), di cui si sa che erano situati ad occidente dell’Eufrate, ma non si sa l’esatta ubi­cazione di essi.
In un’altra iscrizione originale, di poco posteriore, si legge che Narampsin(4), terzo successore di Sargon, conquistò alcune città occidentali, come Armanum e IBLA, inducendo a ritenere che i territori siriani, conquistati da Sargon, non fossero più sotto il controllo del suo immediato successore, e fossero poi riconquistati da Narampsin, terzo successore.

(4)

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Alla luce di questi documenti, non è un’induzione priva di fondamento ri­tenere che tra le popolazioni, le quali, nel periodo tardo neolitico o primo eneolitico, partite dalla Cilicia e dalla Siria, pervennero in Sicilia, ci siano stati alcuni nuclei originar! di questa città di Ibla, situata nell’odierna Siria e menzionata nelle iscrizioni neo-sumeriche anzidetto. Inoltre ritenere che tali nuclei di popolazioni abbiano dato vita a un abi­tato o ad abitati, che, a ricordo della loro patria d’origine, chiamarono Ibla, è un’ipotesi fuori della realtà, oppure è una deduzione legittima, suffragata da validi indizi? 
In proposito è opportuno osservare che la cultura di una delle tre città di Ibla, che si trovavano in Sicilia, e precisamente la «Maior», denominata Me­garese, situata non lontano dal golfo di Augusta, risale al tardo Neolitico, o agli inizi dell’Eneolitico, allorquando i portatori della cultura della ceramica impressa giunsero in Sicilia, una cultura che ebbe i suoi centri d’origine nella Siria e nella Cilicia.

(Continua)

a cura di GliHyblei


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